È bene premettere cosa si intende per figli nati fuori dal matrimonio. In un’epoca come la nostra, nella quale sempre più di rado le persone si sposano, è comune pensare ai figli nati fuori dal matrimonio come ai figli di una coppia di fatto, spontaneamente riconosciuti da entrambi dalla nascita e facenti parte della famiglia nel senso classicamente inteso. Tuttavia, il regime dei figli nati fuori dal matrimonio, riguarda anche casi molto diversi. Ad esempio quello in cui Tizio scopre dopo anni di avere un figlio e decide di riconoscerlo spontaneamente in Comune, pur non avendo mai avuto rapporti con lui e frequentandolo in futuro solo di rado. Ancora, è il caso di chi invece scopre di avere un figlio e, rifiutando di riconoscerlo o morendo prima di poterlo fare, costringe il figlio o sua madre a chiedere al Tribunale di accertare il rapporto di filiazione. In quest’ultimo caso, proprio perché il genitore si rifiuta di riconoscere spontaneamente il figlio, spesso accade che tra i due non vi sia nessun tipo di rapporto, o addirittura che il padre tenga nascosta l’esistenza del figlio ai parenti.
Inizialmente molto penalizzati dalla nostra legislazione, i figli nati fuori dal matrimonio sono sempre maggiormente tutelati. Il primo significativo passo è avvenuto con la riforma del 1975, che ha modificato l’articolo 261 cc prevedendo che il riconoscimento del figlio “comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi”.
La riforma fondamentale è però quella, più recente, del 2012, e ha introdotto il principio dell’unicità dello stato di figlio. Ha equiparato sotto quasi ogni aspetto i figli nati fuori dal matrimonio a quelli nati durante il matrimonio. Non a caso vengono definitivamente eliminati i termini “figli legittimi” e “figli naturali”.
L’articolo di riferimento per le successioni ereditarie è l’articolo 258 del codice civile
Prima della riforma, questo articolo stabiliva che il figlio nato fuori dal matrimonio acquista un legame di parentela solo col genitore che l’ha riconosciuto. Ad esempio se Caio, compagno di Tizia, riconosceva il loro figlio, questi acquisiva un legame di parentela solamente con il padre. Ciò significa che la nonna paterna non era giuridicamente qualificabile come ascendente del figlio, né quest’ultimo come discendente di lei. Pertanto non si applicavano le norme sulla successione dei legittimari, ossia quelle norme che assicurano una quota minima dell’eredità ai familiari stretti e che prevalgono anche su una volontà contraria racchiusa nel testamento. Inoltre non si applicavano le norme sulla successione legittima, ossia quella che si apre in caso di morte senza testamento, che prevedono la successione dei parenti fino al sesto grado e, solo in loro assenza, dello Stato.
Il nuovo articolo 258 cc , come riformato nel 2012, ha disposto, innovando assolutamente la materia, che
<<Il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso>>
Completa il quadro l’articolo 277 cc, in base al quale la sentenza che accerta lo stato di figlio produce gli stessi effetti del riconoscimento.
Pertanto, a partire dal 2012, il figlio riconosciuto volontariamente o giudizialmente, eredita secondo le stesse regole del figlio nato durante il matrimonio. Ad esempio, al figlio riconosciuto o dichiarato tale dal Tribunale sarà riservata una quota del patrimonio dei nonni paterni, nel caso in cui il padre sia premorto al nonno (tale successione per rappresentazione era invero possibile anche prima della riforma). Egli dunque avrà diritto a ereditare, anche impugnando l’eventuale testamento del nonno che disponga diversamente.
La riforma ha risvolti soprattutto nella successione legittima, le cui regole si seguono quando un soggetto muore senza testamento. Le novità riguardano non tanto i parenti stretti (coniuge/ascendenti/discendenti, detti legittimari), ma la parentela entro il 6° grado (articolo 565 cc).
Una volta accertato lo stato di figlio (volontariamente o no), questi acquisirà tutti i legami di parentela in linea paterna e materna. Diverrà giuridicamente “fratello” del figlio che il padre ha avuto da altra donna o dalla sua nuova moglie, “nipote” della sorella del padre, etc. Potrà quindi ereditare dalla zia e dal fratello (cosa quest’ultima che prima poteva accadere in base a una regola specifica, solo ove l’unico successibile fosse altrimenti lo Stato) e dagli altri parenti secondo le regole del codice civile. Inoltre, nel caso in cui il genitore muoia o rinunci all’eredità dei propri parenti, sarà chiamato alla successione il figlio riconosciuto.
Vale la pena sottolineare, infine, che lo stesso legame potrà valere per i parenti del genitore che compie o “subisce” il riconoscimento. Ove ricorrano i presupposti di legge, a seguito della morte del figlio riconosciuto, potranno ereditare il suo patrimonio i fratelli o gli zii.