Il comodato familiare: quando la famiglia si trasferisce nella casa dei suoceri


Sui due tipi di comodato del nostro ordinamento

Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra un bene, nel nostro caso immobile, affinché se ne serva per un tempo o un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa al termine stabilito o una volta cessato lo scopo dell’uso (art 1809 cc); se non è stato convenuto un termine la cosa va restituita quando il comodante la richiede (art 1810 cc).

Vi sono dunque due ipotesi di comodato, il comodato a termine , dove il termine è predeterminato o è dato dalla fine dello scopo per il quale era stato concesso il bene, e il comodato senza termine, detto precario.

Spesso accade che questo contratto venga stipulato tra familiari, anche inconsapevolmente, con la consegna materiale della casa a un parente; ad esempio il comodato in favore del figlio che inizia gli studi all’università, oppure che apre un’attività commerciale. Trattandosi di accordi che non richiedono la forma scritta e che non vengono quasi mai formalizzati, dato il legame di parentela tra le parti, è fondamentale, per capire se il comodato è a termine o precario, valutare il comportamento complessivo tenuto dalle parti, antecedente e successivo alla conclusione del contratto.

Il problema è allora, essenzialmente, provare il perché è nato il comodato. Il rapporto di parentela tra le parti è già in sé elemento che fa presupporre l’esistenza di quello che la giurisprudenza, dal 2004, ha delineato come “comodato di casa familiare”.

Il “comodato di casa familiare” e la crisi di coppia: si può ottenere la restituzione dell’immobile?

Il comodato di casa familiare si ha generalmente quando i genitori (oppure un altro parente) lasciano una casa al figlio, che la utilizza per viverci con il proprio coniuge o convivente ed eventuali figli.

Quando la coppia si separa, se ci sono figli minori o maggiorenni non economicamente autonomi, la casa familiare è di regola assegnata al genitore (sposato o convivente) con il quale i figli convivono. Questo avrà diritto ad abitarci coi figli e senza l’altro genitore (che sarà costretto a andarsene), a prescindere dal fatto che sia proprietario dell’immobile o vanti altri diritti sullo stesso.

Ove vi siano dei figli, quindi, i diritti derivanti dal comodato si intrecciano con quelli derivanti dall’assegnazione della casa familiare. Quale diritto prevale? Il diritto del comodante ad avere indietro la casa, che può essere assegnata anche al genitore con cui non ha nessun rapporto di parentela, oppure prevale l’interesse dei figli a crescere nella casa familiare? Si specifica infatti che l’assegnazione, benché possa di fatto consentire a un genitore di vivere in una casa altrui senza spese, è prevista a tutela dei soli figli, per garantire loro la cosiddetta “conservazione dell’ambiente domestico”, evitando il trauma del trasferimento.

Il comodato di casa familiare è un comodato d’uso: non si possono sfrattare genitore e figli

La Corte di Cassazione ha ormai stabilito (prima con la sentenza a Sezioni Unite del 2004, recentemente confermata dalle Sezioni Unite nel 2014) che il comodato di casa familiare è un comodato d’uso, dunque a termine indeterminato. Non è infatti prevedibile il momento in cui i componenti della famiglia prenderanno strade diverse, avendo i figli raggiunto la loro autonomia.

Secondo l’art. 1809 cc: il comodante può riavere il bene prima della fine dello scopo del comodato (quindi prima che i figli diventino autonomi), solo nel caso in cui sopravvenga un suo bisogno urgente e imprevisto. Dunque il suocero comodante non potrà “sfrattare” il genitore assegnatario su semplice richiesta.

La disciplina del comodato familiare si applica però solo se si dimostra che le parti hanno concordemente voluto creare quel contratto: sarà il genitore interessato a continuare a vivere nella casa familiare a dover provare che il comodato non aveva scadenza ed era sorto per consentire al figlio o altro parente di viverci con la propria famiglia.

Se non si raggiunge questa prova il comodante potrà esercitare il diritto di recesso e mandar via il genitore assegnatario in qualsiasi momento: è ad esempio il caso sfociato in una sentenza della Cassazione del 2010 (18619/10), che concorda col provvedimento di rilascio della casa reso dalla Corte d’Appello di Napoli sulla base del fatto che le prove dimostravano che le parti non avevano stabilito un comodato di casa familiare, ma un comodato per scopi professionali del solo figlio.

Le ipotesi di restituzione dell’immobile in comodato familiare

Nel caso in cui risulti raggiunta la prova della conclusione tra le parti di un comodato di casa familiare, i suoceri proprietari non verranno espropriati, ma, nel rispetto della loro volontà di costituire un comodato familiare che durerà fino all’autonomizzazione dei figli, potranno riavere l’immobile prima che ciò avvenga solo nel caso di sopravvenuto bisogno imprevisto. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che questo bisogno non deve essere grave, ma imprevisto rispetto al momento della stipula, e urgente. Inoltre dev’essere attuale, concreto, e non soltanto astrattamente ipotizzabile, né creato apposta per riavere il bene.

Pertanto giustifica lo “sfratto” di genitore e figli o la necessità di uso diretto della casa da parte dei suoceri proprietari, o un impoverimento imprevisto che giustifichi la necessità di trarre vantaggio economico dall’immobile tramite la vendita o la locazione.

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