Quando lo Stato paga il tuo avvocato: il gratuito patrocinio 2


Spesso si parla impropriamente di “avvocato gratis” o “avvocato pubblico”, facendo riferimento al caso in cui una persona poco abbiente viene difesa da un avvocato senza sborsare nulla di tasca propria.

In realtà l’avvocato viene pagato, seppur solo la metà dei compensi stabiliti dai tariffari professionali: a pagare la parcella è però lo Stato. Il cliente, in linea di massima, non sosterrà nessuna spesa nel giudizio, neppure quelle per il consulente tecnico, ossia l’ingegnere, psicologo o altro professionista che interviene nel giudizio per chiarire questioni che non rientrano nella competenza legale e che quindi il giudice non può risolvere da sé.

Ci sono però alcune eccezioni; esaminerò di seguito l’istituto, facendo riferimento alla materia civile, di mia competenza.

Norme di riferimento

Il D.P.R. 115/2002, comunemente detto Testo Unico delle spese di giustizia, disciplina nella parte terza (articoli 74 e seguenti) il patrocinio a spese dello Stato. I titoli 1 e 4 si occupano della materia civile.

Scelta dell’avvocato

Chi è interessato ad essere difeso da un avvocato pagato dallo Stato deve scegliere il difensore tra l’elenco dei legali abilitati al gratuito patrocinio. Questo elenco è consultabile nella sede del Consiglio dell’Ordine degli avvocati (per quello di Cagliari clicca qui); tuttavia, se si è già scelto un avvocato, si può verificare se questi può esercitare col gratuito patrocinio, consultando il sito web dell’ordine degli avvocati. Si può scegliere un solo avvocato con l’ammissione al GP, sebbene sia generalmente concesso alla parte di difendersi con più di un difensore.

Prima di iniziare la causa: obbligo di pagare le spese stragiudiziali e limiti

È fondamentale sottolineare che anche chi ha diritto al gratuito patrocinio deve sostenere alcune spese, che non vengono mai pagate dallo Stato: si tratta delle spese stragiudiziali, ossia “al di fuori del giudizio”.

Sono, ad esempio, la prima consulenza o la classica lettera di diffida. Queste sono attività professionali che, come detto, lo Stato non paga all’avvocato, e che questi pertanto può legittimamente richiedere al cliente, anche se non abbiente. In generale, infatti, lo Stato paga solo l’onorario professionale del giudizio, dall’iscrizione a ruolo della causa fino al provvedimento conclusivo.

Il Consiglio Nazionale Forense e, da ultimo, le Sezioni Unite della Cassazione (SU 9529/13), hanno chiarito però che l’avvocato non può chiedere compensi per quelle attività che, seppur svolte prima dell’inizio della causa, sono indispensabili al suo inizio. Si tratta ad esempio del precetto per una causa di recupero crediti, o della ricerca di documenti al Comune per l’inizio di una separazione.

Se la causa non viene iniziata l’avvocato non verrà pagato ma, come da regola generale, non potrà chiedere compensi al cliente ammesso al gratuito patrocinio. Viceversa, sarà lo Stato a pagare la parcella alla fine della causa, comprendendo anche le spese dell’attività professionale preliminare.

Istanza di ammissione al gratuito patrocinio: presupposti e documenti necessari

Una volta scelto l’avvocato e superate le attività preliminari, sarà questi a presentare la domanda al Consiglio dell’ordine degli avvocati. Il cliente dovrà portare una serie di documenti:

  • carta d’identità, codice fiscale

  • documenti necessari per dimostrare la fondatezza della causa (lo Stato non può pagare per una causa palesemente infondata)

  • documenti reddituali: il richiedente deve avere un reddito imponibile non superiore a 11.528,41 € annui. La voce “reddito imponibile” va ricercata nella certificazione reddituale (ad esempio si trova nel mod. 730 al rigo 71 del riepilogo). È necessario presentare un mod. CU, 730 o PF REDDITI; tuttavia la prassi del Consiglio dell’ordine di Cagliari è quella di accettare anche l’ISEE. Nel mod. ISEE nuovo, il dato di riferimento per verificare se si rientra nel limite reddituale si trova nella DSU, Quadro FC8 (Redditi, trattamenti e spese); Sezione II, casella “Reddito complessivo ai fini IRPEF”. Se vi sono più componenti del nucleo familiare produttori di reddito, andranno sommati i dati della suddetta casella per ogni familiare. Se non si dispone della DSU, ma solo dei due fogli contenenti l’Attestazione ISEE (mod. vecchio), occorre far riferimento al riquadro “Somma dei redditi dei componenti del nucleo”. Nel limite di 11.528,41 dev’essere considerato il reddito di tutto il nucleo familiare, salvo per cause nelle quali il cliente sia in conflitto con i familiari: è così per la separazione e il divorzio, dove il reddito dell’altro coniuge non si considera. Nel caso di coniugi con forte differenza di reddito, il coniuge debole può quindi usufruire comunque del gratuito patrocinio. Non si considerano i risparmi, ma solo le entrate annuali, anche da pensione o indennità. Non si considerano eventuali debiti o finanziarie che lascino concretamente il soggetto con un reddito inferiore alla soglia suddetta.

Se l’istanza viene accolta, il Consiglio dell’ordine invia all’avvocato la delibera di ammissione del cliente al gratuito patrocinio, che sarà valida per ogni stato e grado del giudizio (ad esempio il reclamo nella separazione, l’appello incidentale etc). Se la causa viene persa in primo grado, per l’appello sarà invece necessaria una seconda ammissione (articolo 120 DPR 115/2002).

Effetti dell’ammissione al gratuito patrocinio

La parte ammessa, salvi i casi di consulenze o diffide preliminari cui sopra si è detto, non dovrà pagare nulla per lo svolgimento della causa. Secondo la regola generale, l’avvocato della parte ammessa al gratuito patrocinio non può in nessun caso chiederle compensi (articolo 85 DPR 115/2002). Altresì la parte non dovrà pagare bolli, marche o contributi unificati, né altre spese o tasse necessarie per la causa.

Sono necessarie delle fondamentali considerazioni sul diritto di difesa della parte non abbiente, che sulla carta è tutelato al 100%, ma non nella pratica.

Tali considerazioni riguardano il consulente tecnico di parte -CTP- e il consulente tecnico d’ufficio -CTU- (che nel DPR viene chiamato “ausiliario del giudice”). Questi soggetti sono dei professionisti in materie non legali (commercialisti, psicologi, psichiatri, geometri, ingegneri, etc) i quali vengono chiamati dal giudice o dalla parte per esprimersi su materie che il giudice non conosce. Ad esempio, per un sinistro stradale, sarà un CTU a stabilire la dinamica dell’evento. Ciascuna delle parti in causa potrà nominare un proprio CTP per contestare o sostenere le conclusioni del consulente del giudice.

Giova innanzitutto premettere che né il CTP né il CTU vengono pagati dallo Stato, a differenza degli avvocati, i quali, vinta o meno la causa, avranno sempre la loro parcella, seppur dimezzata.

Ciò comporta che il soggetto poco abbiente non possa, nei fatti, nominare un consulente di parte, salvo che non si indebiti per pagarlo. Infatti, mentre il CTU designato dal giudice ha l’obbligo di accettare l’incarico, salvo giustificati motivi, non vale lo stesso per il CTP, il quale con probabilità rifiuterà l’incarico per non rischiare di lavorare gratis. Rischio che corre anche il CTU, se entrambe le parti sono ammesse al gratuito patrocinio.

Infatti, l’articolo 131 DPR 115/2002 prevede che gli onorari dovuti al consulente tecnico di parte e all’ausiliario del magistrato, siano pagati dalla parte non ammessa al gratuito patrocinio “o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell’ammissione”. Della revoca si parlerà in seguito, mentre la “vittoria” cui si fa riferimento è quella che consente alla parte un guadagno almeno sei volte tanto la quantità delle spese della causa (art 134 DPR 115/2002). Ciò significa che il non abbiente non dovrà mai pagare l’avvocato ma potrà, se vincitore, pagare il consulente tecnico proprio o nominato dal giudice. Tale circostanza non si verifica mai nelle domande di separazione o divorzio, dove non c’è mai una “vincita” di somme tali.

Infine, si noti bene che la parte ammessa, se perde la causa, potrà essere condannata dal Giudice a pagare l’avvocato della controparte (cosiddetta condanna alle spese). In tal caso la parte ammessa al gratuito patrocinio dovrà pagare; viceversa, si esporrà ad azioni esecutive (pignoramento conto corrente, casa, etc; Così da ultimo la sentenza della Cassazione civile n. 8388 del 2017)

Sanzioni per dichiarazione di falso, revoca del gratuito patrocinio

Chi dichiara un reddito minore è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 309,87 a euro 1.549,37. La pena è aumentata se dal fatto consegue l’ottenimento o il mantenimento dell’ammissione al patrocinio. Se il reddito accertato è maggiore di 11.528,41 € l’ammissione al gratuito patrocinio verrà revocata. La revoca avviene anche se la causa viene persa per manifesta infondatezza.

A seguito della revoca lo Stato potrà recuperare dal cliente quanto pagato per la parcella dell’avvocato, e saranno dovuti i compensi per eventuali consulenti tecnici di parte e d’ufficio.

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2 commenti su “Quando lo Stato paga il tuo avvocato: il gratuito patrocinio

  • Alessandra

    Salve una domanda sono stata denunciata per truffa mi è stato dato un avv di ufficio io ho mostrato il patroncino gratuito la causa si è chiusa io sono stata assolta ma l’avvocato mi ha fatto un ingiunzione per quale motivo le ho chiesto ? Mi ha risposto xche nn lo pagata io glielo detto dal primo giorno che mi doveva seguire con il gratuito patrocino ora xche vuole i soldi da me?grazie per la risposta

    • Avvocato Stefania Flore L'autore dell'articolo

      Gentilissima,
      Dal momento in cui si viene ammessi al Gratuito Patrocinio (d’ora in poi GP) è obbligatorio trasmettere tempestivamente la dichiarazione dei redditi annuale al proprio legale, cosicchè egli possa trasmetterla al Consiglio dell’ordine e al giudice e dare atto di eventuali superamenti della soglia per mantenere il beneficio del gratuito patrocinio. Questo c’è scritto anche nel modulo che si firma per avere accesso al GP.
      Se non si presenta la dichiarazione reddituale al legale e si superano i limiti reddituali senza che nessuno ne dia atto nel processo, si viene denunciati per truffa nei confronti dello Stato, perchè si dichiara il falso (avere i limiti reddituali perchè sia lo Stato a pagare l’avvocato per suo conto) quando in realtà detti limiti sono stati superati.
      Correttamente il collega le ha chiesto la parcella perchè dal momento in cui si superano detti limiti reddituali lo Stato non paga l’avvocato, ed è pertanto il cliente a doverlo pagare per il suo lavoro. Una volta che il patrocinio a spese dello Stato viene revocato bisogna pagare il lavoro dell’avvocato, altrimenti questi avrebbe lavorato gratis.
      Cordialmente
      SF