Recupero del credito nei confronti del “nullatenente” o del residente all’estero: perché è possibile


Chi ha un’attività commerciale o esercita la libera professione sa bene quanto sia comune rivolgersi a un legale per recuperare la parcella non pagata dal cliente. Tuttavia, molto spesso si rinuncia a rivolgersi all’avvocato, per paura di costi altissimi e soprattutto per auto-convinzione che non se ne ricaverà nulla.

Storicamente il pignoramento per il recupero del credito era un’attività molto complessa, che effettivamente non portava a risultati sicuri. Il discorso era diverso nel caso in cui il creditore conoscesse il proprio debitore, dunque sapesse il suo lavoro o quali beni possedesse, così da poter pignorare direttamente gli stessi. Viceversa, l’avvocato doveva spesso cercare, come si suol dire, “alla cieca” un bene del debitore, rischiando di far spendere inutilmente soldi al proprio cliente per attività esplorative. Dal 2014 è stata introdotta una novità fondamentale che ha permesso di ridurre completamente questi rischi. Ma andiamo per gradi.

Prima dell’esecuzione: come procurarsi il titolo esecutivo

Per iniziare l’esecuzione, ossia il procedimento legale che porta al pignoramento di un bene (auto, mobili, stipendio, etc.) e permette di incassare i soldi da recuperare, occorre avere un titolo esecutivo.

Che cos’è un titolo esecutivo lo spiega l’articolo 474 del codice di procedura civile. Per riassumere, possiamo dire che, a parte alcune eccezioni, come assegni o cambiali, il titolo esecutivo è un provvedimento del giudice che accerta che il debitore deve una determinata somma al creditore. Ad esempio, se sono un professionista e ho il preventivo firmato dal cliente, le mail che provano l’esecuzione del lavoro, e il sollecito al pagamento delle mie competenze, potrò, in tempi abbastanza brevi (3-4 mesi) ottenere un decreto ingiuntivo. Questo consiste nell’ingiunzione del Giudice che intima al debitore di pagarmi la parcella (più le spese del mio avvocato). Discorso analogo per l’impresa alla quale il cliente non paga il prodotto. Se sono un lavoratore e vanto un credito nei confronti del mio datore o ex datore di lavoro, il meccanismo è ancora più semplice, nonché gratuito, in quanto, in possesso di buste paga e contratto o altre prove concrete, potrò rivolgermi alla Direzione territoriale del lavoro per ottenere una diffida accertativa o altro provvedimento che vale come titolo esecutivo.

In alcuni casi il procedimento potrebbe invece essere più lungo, ad esempio per il pagamento di lavori in appalto dei quali si discute sulla conformità dell’opera a quanto commissionato. Il titolo potrebbe infine crearsi contestualmente al credito: questo accade quando la parcella viene determinata e liquidata dal Giudice: è il caso dei Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU).

Notifica del precetto e ricerca del bene da pignorare

Una volta ottenuto il titolo, esso andrà notificato assieme (o separatamente, se non possibile), al precetto (articolo 480 cpc). Il precetto è l’atto in cui l’avvocato invita il debitore a pagare la somma indicata nel titolo esecutivo, maggiorata delle spese legali, entro 10 giorni. Decorsi questi 10 giorni si può iniziare il pignoramento. Tuttavia, se non si ha idea di quale bene pignorare, ad esempio non si sa se il debitore abbia un lavoro, un’automobile, o in quale banca abbia il conto, è pressoché inutile proseguire direttamente col pignoramento.

Il decreto legge 132/2014 ha introdotto, con l’articolo 492bis cpc, uno strumento di fondamentale importanza per il creditore: la possibilità di cercare i beni del debitore tramite i database telematici. Il decreto introduce, cioè, la possibilità di chiedere all’Anagrafe Tributaria dell’Agenzia delle Entrate varie informazioni: con quali Banche il debitore ha rapporti, se ha contratti di locazione registrati nei quali è parte locatrice, se ha acquistato casa di recente, etc. Soprattutto l’Anagrafe Tributaria può dirci se il debitore è libero professionista o dipendente, e addirittura dove lavora: si può infatti avere accesso alle ultime dichiarazioni dei redditi. La ricerca può indirizzarsi anche verso altre banche dati (PRA, INPS, etc): è la bravura e la determinazione dell’avvocato che farà la differenza nell’efficacia dell’utilizzo di questo potente mezzo che è l’articolo 492bis cpc.

Vi sono poi informazioni non ricavabili tramite la ricerca nei database (come l’elenco degli immobili intestati al debitore o delle partecipazioni sociali): è tuttavia possibile ottenere anche queste informazioni. Il ventaglio delle possibilità di ricerca dell’avvocato è davvero vasto, sicché restano pochissimi i casi nei quali la spesa per il recupero del credito (spesa che, si ricordi, è nulla se si ha diritto al gratuito patrocinio), sarà inutile.

Il recupero del credito verso un debitore residente all’estero

Una delle cose che più scoraggia il creditore all’avvio della pratica di recupero crediti è la residenza estera del debitore. Quando il debitore risiede in Inghilterra, in Francia, o addirittura in Africa, l’impressione comune è quella che sia impossibile “rincorrerlo”.

Per esperienza personale, vi dico invece che è possibile recuperare il credito anche se il debitore risiede in Africa.

La prima fondamentale domanda da chiedersi è: il debitore lavora in Italia? Ha conti correnti presso banche italiane? Un recente orientamento dei Tribunali afferma infatti che, nonostante l’articolo 26 bis, secondo comma cpc, indichi che il Tribunale competente è quello del “domicilio del debitore” (ossia nel nostro caso l’Africa), se il terzo pignorato, ad esempio il datore di lavoro, ha sede in Italia, allora è qui che può svolgersi il processo esecutivo.

Viceversa, se il debitore risiede e lavora in un altro Paese, bisogna distinguere due casi: se il Paese fa parte dell’UE, il creditore potrà avvantaggiarsi dei vari meccanismi di agevolazione delle esecuzioni in Europa. Ad esempio, il titolo esecutivo europeo, che viene riconosciuto in tutti i paesi UE. Viceversa, la strategia andrà studiata caso per caso, individuando le leggi del Paese estero.

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