Conto corrente in successione: serve il consenso di tutti gli eredi per estinguerlo? E per prelevare il saldo? 12


Molti istituti bancari (e pure Poste Italiane) richiedono il consenso di tutti i coeredi del defunto per poter chiudere il suo conto e ottenere il saldo residuo.

È legittima questa pratica?

La questione è tanto più rilevante se si considera che, nella realtà quotidiana, spesso non è possibile coinvolgere tutti gli eredi. Infatti, può accadere che qualcuno risieda lontano dalla città dove è stata aperta la successione o dove risiedono la maggioranza degli altri eredi, oppure che semplicemente si disinteressi della vicenda, o ancora che rifiuti il consenso per discordanze con gli altri eredi.

In tal caso, mettere d’accordo tutti può richiedere un lungo tempo, durante il quale la banca continuerà a trattenere il canone del conto, oppure può risultare addirittura impossibile. Tutto questo tempo è incompatibile con la necessità di ottenere subito i soldi ereditati.

D’altra parte, le banche hanno l’esigenza di tutelarsi preventivamente contro eventuali azioni degli eredi. Nello specifico, si vuole evitare che la consegna del denaro a un solo erede arrechi pregiudizio agli altri coeredi, i quali possano poi agire contro la banca stessa, lamentando di esser stati tenuti all’oscuro dell’operazione bancaria. Il coerede potrebbe, cioè, citare in causa la banca per aver dato tutti i soldi a un erede, anche la propria quota. Ciò porta le banche a voler sempre coinvolgere tutti i papabili eredi del defunto nelle procedure di estinzione del conto e liquidazione del saldo residuo.

Come si bilanciano queste due esigenze?

La prassi delle banche

L’esigenza di tutelarsi preventivamente da azioni legali dei coeredi, come già detto, spinge le banche a voler a coinvolgere tutti i possibili eredi del defunto.

Occorre allora premettere la fondamentale differenza tra “erede”, ossia colui che ha accettato l’eredità, e “chiamato all’eredità” ossia colui che, secondo le norme del codice civile sulla successione, potrebbe accettare l’eredità e quindi diventare erede. Occorre altresì aggiungere che il diritto di accettare l’eredità si prescrive in 10 anni.

Facciamo un esempio:

  • se il defunto non ha fatto testamento e aveva una moglie e un figlio, l’eredità si devolverà secondo l’articolo 581 del codice civile: metà del patrimonio alla moglie e metà al figlio. Fintanto che nessuno dei due compie un atto di accettazione espressa (ad esempio firma in Tribunale l’accettazione con beneficio di inventario) o tacita (ad esempio vende un bene ereditario), oppure sottoscrive una rinuncia, moglie e figlio si considerano “chiamati all’eredità” e possono decidere se accettare l’eredità entro 10 anni. Ciò salva la possibilità che uno di loro chieda a un giudice di fissare un termine per l’accettazione stessa, rappresentando un’urgenza che giustifichi la necessità di abbreviare il termine di prescrizione.
  • In questa ipotesi, le banche normalmente si comportano come segue. Se uno dei due chiamati, ad esempio la moglie, si reca in banca per chiedere l’estinzione del conto e il denaro in esso contenuto, la banca si rifiuterà, chiedendo anche il consenso del figlio. Poiché riscuotere un credito ereditario comporta accettazione tacita dell’eredità, ciò significa che la banca impone al chiamato all’eredità, sebbene implicitamente, di decidere subito se diventare erede, senza attendere i termini di prescrizione di cui all’articolo 480 del codice civile.

Pertanto, per sbloccare la procedura della banca, tutti i chiamati all’eredità dovranno o aderire alla richiesta di estinzione e liquidazione del conto del defunto (dunque divenire tacitamente eredi) o effettuare la rinuncia, recandosi dal notaio o nel Tribunale del circondario della città in cui è avvenuta la morte del congiunto. Operazioni, queste, ultime che possono rivelarsi anche parecchio costose quando, si pensi, il papabile erede risieda all’estero e debba sostenere i costi di viaggio.

Il problema delle spese si pone anche nel caso in cui il chiamato all’eredità decida di accettarla e voglia partecipare alle operazioni di estinzione del conto e liquidazione del saldo residuo. Infatti, giacché per tali operazioni è richiesto consenso formale di tutti coloro che non hanno rinunciato all’eredità, questi saranno tenuti a recarsi in banca per firmare la relativa documentazione o rilasciare delega ad altro coerede mediante atto pubblico (a seconda della prassi adottata dalla banca).

La soluzione della Corte di Cassazione

La soluzione della questione è caratterizzata dall’assenza di norme univoche nel codice civile. Pertanto, è possibile ricostruirla solo attraverso le sentenze della Corte di Cassazione.

In particolare, la sentenza delle Sezioni Unite n. 24657 del 2007 riconosce a ciascun coerede il diritto di agire nei confronti del debitore del defunto (quale è la banca) per la
riscossione dell’intero credito ovvero della propria quota ereditaria, senza
la necessità di coinvolgere gli altri coeredi, dunque senza possibilità di configurare, tra coeredi, un litisconsorzio necessario per il recupero del credito.

Tali conclusioni sono state ribadite, da ultimo, da una recente ordinanza della Suprema Corte, che, decidendo su un’ipotesi simile all’esempio di sopra, condanna l’istituto bancario (nella specie Banca Intesa) che si era rifiutato di versare il saldo del conto del defunto a due coeredi, sulla base del fatto che il terzo coerede non aveva aderito alla richiesta di prelievo del saldo del conto.

La Cassazione, nel contestualizzare i principi già affermati nel 2007. afferma che

Deve pertanto ribadirsi, in adesione a quanto statuito dalle Sezioni Unite, che ogni coerede può agire per la riscossione dell’intero credito ovvero della quota proporzionale a quella ereditaria vantata, e senza che la  parte debitrice possa opporsi adducendo il mancato consenso degli altri coeredi, dovendo trovare risoluzione gli eventuali contrasti insorti tra gli stessi nell’ambito delle questioni da affrontare nell’eventuale giudizio di divisione

Ciò significa che la banca non avrà ragione di temere azioni dai coeredi che non abbiano dato il consenso o non siano stati coinvolti nel prelievo dei soldi del conto del defunto. Infatti la Cassazione afferma che l’avvenuto prelievo delle somme rileverà solo nei rapporti tra coeredi in sede di divisione, e ne risponderà solo il coerede che ha effettuato il prelievo, non la banca:

ferma restando la necessità di ricomprendere nell’eventuale divisione dell’asse ereditario i crediti, l’avvenuta riscossione da parte di un coerede di tutto o parte del credito stesso, potrà incidere nell’ambito delle operazioni divisionali dando vita a delle pretese di rendiconto tramite anche eventuali compensazioni tra diverse poste creditorie

Conclusioni: differente disciplina per l’estinzione del conto e per il versamento del saldo

Quanto sopra enunciato riguarda limitatamente la possibilità di ottenere il saldo del conto o disinvestire i titoli; non riguarda invece la possibilità di estinzione del c/c, che richiede il coinvolgimento di tutti i coeredi.

È opinione consolidata in dottrina che il contratto di conto corrente non si estingue con la morte del titolare. Pertanto, il contratto resta attivo, e le controversie riguardano le modalità di recesso da parte degli eredi che vi subentrano. L’art. 125 del Testo Unico Bancario prevede la possibilità di sciogliere il contratto di conto corrente in ogni momento senza penali.

Il contratto di conto corrente, tuttavia, a seguito del decesso dell’intestatario, diviene un contratto plurisoggettivo, ossia con pluralità di parti. Pertanto, sia la dottrina che la prassi delle banche concordano nel ritenere necessario l’agire congiunto dei coeredi per estinguere il contratto. Ciò in quanto i coeredi sono, rispetto alla banca, un’unica parte contrattuale. Si è pertanto concluso che il recesso dal contratto di conto corrente debba avvenire non a maggioranza dei coeredi, bensì all’unanimità (Così M. Martino, in Contratto e Impresa, 2014).


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12 commenti su “Conto corrente in successione: serve il consenso di tutti gli eredi per estinguerlo? E per prelevare il saldo?

  • Giulio

    Nel caso ci siano tre eredi, genitore e due figli, il genitore riesce a incassare tutta l’eredità che si trova in posta, senza nulla dire, come si può agire?. grazie Buona sera

    • Luisa

      Come posso chiudere il conto bancario cointestato, con firma disgiunta, con mio marito, deceduto ad ottobre, dato che ho tre figli di cui uno vive in USA? Può bastare una sua semplice delega ?
      Ringrazio vivamente.
      Luisa Giusti

      • Avvocato Stefania Flore L'autore dell'articolo

        Gent.ma sig.ra Luisa
        Ogni istituto ha la sua prassi. Ad es. Poste italiane accetta anche la delega rilasciata a un parente su carta semplice, accompagnata dai documenti d’identità del delegato e del delegante. Se così fosse potrebbe inviare per posta la delega stampata ai suoi figli per autorizzare lei a chiudere il conto, loro la firmano e gliela rispediscono per posta, e così lei si può recare da sola con le deleghe con firma originale dei suoi figli (+ i documenti d’identità) per chiudere il conto.
        Altre banche potrebbero richiedere una procura notarile.

  • ANTONINO PECORELLA

    bgiorno. A seguito del decesso di una mia zia, che ha lasciato un testamento olografo regolarmente pubblicato, non ha indicato un erede universale ma ha designato dei legati.
    La giacenza di due piccoli conti bancari ad alcuni miei cugini indicandone i nominativi, mentre di due immobili ha indicato tre beneficiari, fra cui il sottoscritto per il 50% di una casetta di campagna.
    Ciò premesso, presentata tutta la documentazione di rito alla Banca, quest’ultima pretende la firma anche dei beneficiari degli immobili che non sono assolutamente parte attiva nello svincolo del saldo giacente nel conto corrente, e che peraltro si rifiutano di apporre qualsiasi firma per lo svincolo del conto corrente.
    Ciò posto, chiedo il Suo cortese parere se la Banca può richiedere/pretendere anche la firma dei nominativi indicati nel testamento anche se non sono beneficiari delle somme depositate.
    Grazie, per la cortese attenzione
    Cordiali saluti.

    • Avvocato Stefania Flore L'autore dell'articolo

      Gentilissimo
      Se il testamento designa solo dei legatari, significa che gli eredi vengono determinati secondo le norme per la successione legittima (senza testamento, artt. 565-586 cc). Immagino che la banca abbia voluto anche la firma degli eredi e legatari (quindi, di tutti i soggetti coinvolti nella successione) per assicurarsi che questi non si riservino di impugnare il testamento e i legati, conseguentemente assicurandosi l’assenza di controinteressati al trasferimento di denaro. Se così fosse mi sembra una cautela opportuna, ma dovrei verificare i documenti per darle un parere esaustivo. Se ha bisogno può cliccare sulla sezione “richiedi una consulenza” del sito per leggere costi e modalità del servizio.
      Cordialmente
      SF

  • Mario Zucca

    Buonasera,
    se la banca si rifiuta di darmi la quota che mi compete (come da testamento e successione) perchè un erede si dissocia e non c’è l’unanimità di tutti gli eredi cosa posso fare?

  • Alessandro

    Buonasera,

    la banca richiede la presenza di tutti gli eredi (3) per procedere alla liquidazione del c/c e del conto titoli del defunto. Io ho necessità di delegare un familiare(sorella) a questo scopo, ma vorrei appunto redigere una procura specifica che si estingua ad atto avvenuto.
    La banca mi ha fornito un modello che invece sembra conferire poteri maggiori al ricevente la procura. C’è un modello di procura per successione che si limiti esclusivamente alla sfera bancaria, che non vada oltre la firma per lo sblocco del patrimonio ereditario bancario?

    Grazie in anticipo.

    • Avvocato Stefania Flore L'autore dell'articolo

      Gentilissimo
      Per i modelli di procura deve rivolgersi alla banca o può provare a fare una ricerca online, l’avvocato può redigere una procura personalizzata sulla base delle sue esigenze, ma non fornisce modelli standard.
      Cordialmente
      SF

    • Avvocato Stefania Flore L'autore dell'articolo

      Gent.mo
      Ogni comproprietario ha diritto di trarre profitto dalla quota di bene posseduto; le soluzioni sono varie e sono regolate agli artt. 713-736 cc:
      – concedere l’utilizzo esclusivo del bene a un solo comproprietario, con obbligo di pagare agli altri una somma corrispondente alla quota del canone di locazione del bene;
      – agire per la divisione in natura;
      – agire per la vendita forzata, se la divisione in natura non è possibile (ossia non è possibile creare due appartamenti dall’immobile in comunione perché non ci sono due bagni, due cucine, etc.) e se nessun coerede vuole pagare un conguaglio per acquistare l’intero.
      I comproprietari non possono opporsi alla divisione, ma possono solo acquistare le quote altrui pagando conguaglio.