L’ipotesi è questa: Tizio è single e cerca casa. Trova un appartamento in affitto e il proprietario fa il contratto di locazione solo a suo nome; classico contratto di 4 anni + 4anni.
Dopo qualche anno, Tizio si fidanza e vorrebbe che il suo partner si trasferisse nel suo appartamento locato per iniziare una convivenza.
È possibile farlo? Il proprietario dell’immobile può opporsi?
Gli interessi contrapposti: la posizione del locatore…
Da una parte c’è l’interesse del locatore. Innanzitutto l’interesse a sapere chi vive nell’immobile locato, tanto più che al giorno d’oggi sono sempre più frequenti i casi in cui –con o senza tramite delle agenzie- la locazione viene stipulata solo previo rilascio di idonee garanzie, esame della documentazione reddituale, etc.
Ancora, il proprietario può abitare nell’appartamento sopra o sottostante e può aver scelto il conduttore in base a certe caratteristiche, tra le quali il non avere famiglia e figli chiassosi, non avere animali, o essere appunto una persona singola, con tutto ciò che ne deriva (minore uso e deterioramento delle cose, tra l’altro).
Il proprietario ha diritto di mantenere le medesime condizioni contrattuali esistenti al momento della stipula della locazione, o deve subire le eventuali modifiche relazionali nella vita del conduttore?
… e la posizione del conduttore/inquilino
D’altra parte vi è l’interesse del conduttore, il quale paga l’affitto, può darsi anche elevato, per godere di un’abitazione che funga a tutti gli effetti da “casa propria”, nella quale, si potrebbe dire, vantare il diritto di fare tutto ciò che vuole: ospitare amici, convivere col proprio ragazzo / fidanzato o con la propria ragazza / fidanzata e vivervi coi propri figli ove decidesse di farli.
Quale interesse prevale?
La soluzione della giurisprudenza: il conduttore ha diritto di vivere nell’immobile col partner ed eventuali figli (futuri o da precedente relazione del partner).
La Cassazione, con sentenza n. 14343 del 19 giugno 2009, ad oggi non contraddetta o sovvertita da alcun precedente, ha stabilito che prevalgono gli interessi del conduttore/inquilino.
Una clausola volta ad impedire l’ospitalità temporanea o la convivenza duratura violerebbe, secondo la Corte, i diritti fondamentali della persona e i principi di solidarietà sociale (art. 2 Cost.). Pertanto è nulla e, se il conduttore l’ha firmata, può sostanzialmente far finta che detta clausola non esista.
Inoltre: il diritto del partner con figli a succedere nel contratto di locazione
Vi è di più. L’art. 6 della l. 392/1978, nel testo modificato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 404 del 1988, dispone che non solo il coniuge, ma anche il convivente possa succedere nel contratto di locazione stipulato tra il proprietario e il coniuge/partner. Ciò significa che se il convivente o il coniuge decede o, in sede di separazione, decide di lasciare l’abitazione, l’altro coniuge o il partner ha diritto di continuare a vivere nell’immobile e dar seguito al contratto di locazione alle stesse condizioni.
Rimane una differenza.
Mentre il coniuge succede nel contratto a prescindere dall’esistenza di figli, il convivente potrà continuare a vivere nell’immobile locato solo se ci sono figli. Nello specifico, ciò potrà succedere se nell’ambito del procedimento per la regolamentazione dell’affidamento e mantenimento dei figli, questi vengono affidati e collocati presso il partner non titolare del contratto di locazione, con assegnazione dell’immobile e diritto al subentro nel contratto in suo favore. In assenza di figli, se il partner titolare del contratto decide di separarsi, l’altro dovrà necessariamente lasciare l’appartamento, anche ove il primo decidesse di trasferirsi altrove.
L’art. 6 l. 392/78 è una norma imperativa, pertanto inderogabile dalle parti.
Quale allora la tutela del locatore?
La tutela del locatore non trova molto spazio nel contratto. Trattandosi di norme imperative e inderogabili sarebbe nulla ogni clausola che vietasse al conduttore di portare il partner presso di sé o fare figli e vivere con loro nell’immobile locato. Questo vale anche nel caso in cui il conduttore decida di portare nell’appartamento parenti o amici.
Il limite alla tutela della vita sociale del conduttore passa allora per le norme sull’abitabilità e agibilità: il limite di persone che possono vivere nell’appartamento viene delineato da queste disposizioni. Tra queste, la normativa di maggior riferimento si trova nel D.M. 5 luglio 1975, che prescrive che la superficie minima per abitante è di 14 mq per i primi quattro, e 10 per i successivi abitanti. Tuttavia, bisogna considerare altresì che i conviventi devono dormire in camere da letto con una superficie minima di 9mq per stanza da letto singola e 14mq per quella matrimoniale (art. 2 DM 5.07.75). Occorre, infine, verificare le norme dei regolamenti edilizi comunali.
In tal senso, il locatore potrebbe inserire nel contratto una clausola che, dando atto della normativa attuale, limiti esplicitamente il numero di abitanti ammessi nell’immobile, prevedendo, in caso di violazione, la risoluzione del contratto.
La giurisprudenza ha battuto ancora poco questo tema; si potrebbe valutare, pertanto, la legittimità di una clausola che imponga ai nuovi abitanti dell’immobile di fornire la documentazione reddituale in caso di successione nel contratto.